Chi guadagna dalla migrazione?

La parola è sulla bocca di tutti in questa calda estate. Ma dietro ai fenomeni migratori circola un business miliardario. Secondo le ultime stime dell’Europol, sarebbe circa tra i 3 e i 6 miliardi di euro il fatturato dei trafficanti di uomini. Per lo più organizzazioni criminali nord africane, balcaniche, ma anche le mafie italiane e l’Isis.

 

Immigrazione-clandestina
Un viaggio della salvezza

 

“Quando sono arrivato non potevo fare nulla, io ora posso fare tutto ciò che voglio con il consenso del capo. Vendere droga, rubare, mi è concesso tutto qui in Italia, basta che alla fine pago il boss”. Willy è un nigeriano di 29 anni, capelli rasta spettinati e ribelli, barba incolta. Ha lasciato la Nigeria nel 2013. Ora vive a Ballarò e vende un grammo di marijuana per 10 euro. Willy è l’esempio di come la mafia siciliana ha trasformato la crisi dei rifugiati in Europa in un proprio vantaggio finanziario. E ne approfitta anche assoldando povera gente in cerca di miglior vita socializzandola al crimine. E d’altronde del giro miliardario lucrano molte organizzazioni criminali dall’ISIS alle bande slave.

260mila sbarchi e 3mila morti in otto mesi

Il fenomeno è ora sempre più alle porte di casa nostra. C’è un mondo che bussa al confine sud della Svizzera. In questi giorni i volti di migliaia di persone che scappano da guerre e carestie sono prepotentemente entrati – volenti o nolenti – nelle nostre case attraverso i media. Un flusso sempre più vasto e che non sembra cessare a breve. Il 2015 è stato infatti l’anno della migrazione in Europa. Lo scorso anno ben 1’015’078 persone hanno attraversato il Mediterraneo. Si tratta del dato più alto di sempre, se si pensa che nel 2014 erano state 216 mila i migranti (ben 4 volte in meno) e nel 2013 “solo” 60mila. I dati nel 2016 per quanto riguarda le persone che cercano di attraversare il Mediterraneo per giungere sulle coste europee, sono stabili. Secondo gli ultimi dati dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, dall’inizio dell’anno al 19 agosto, un totale di 266.525 migranti sono giunti in Europa via mare, soprattutto in Italia (101.507) e in Grecia (162.015). Nei primi sette mesi del 2015 erano invece stati 225’692. La chiusura della rotta balcanica ha ridotto drasticamente gli arrivi in Grecia, ma anche in Italia. Ma soprattutto l’accordo tra UE e Turchia – seppur traballante – ha attutito l’impatto sui flussi migratori. Un viaggio però non privo di rischi quello che devono affrontare queste persone. Fino ad oggi sono infatti morte o scomparse nel Mediterraneo 3’156 persone, nei primi otto mesi del 2016 si è arrivati quasi ai dati raggiunti l’anno scorso, quando in tutto il 2015 sono stati 3’771 i decessi o le scomparse, 800 in più rispetto al dato registrato per lo stesso periodo del 2015, quando il Progetto Missing Migrant aveva registrato 2.333 decessi (dal primo gennaio al 18 agosto 2015). Dati solo parziali se si pensa che le Nazioni Unite stimano che in tutto il Mondo vi sono 232 milioni di persone che già sono migranti a tutti gli effetti. E la maggior parte proviene da paesi in via di sviluppo.

foto ref
Dati UNHCR del 19 agosto 2016

 

Fino a ottomila euro a viaggio

Un business enorme se si pensa che ognuno di questi spostamenti genera soldi, palate di soldi. Un’inchiesta coordinata dal procuratore dalla Dda di Trieste Carlo Mastelloni e dal sostituto Massimo De Bortoli ha svelato i costi delle varie tratte. Si va dai 350 ai 500 euro per la Budapest (campo profughi di Bicske) all’Italia; dai 2 ai 3 mila euro per percorsi più impegnativi lungo la rotta balcanica. Ultimamente i trafficanti avevano pensato di poter organizzare i trasferimenti direttamente dal Pakistan, attraverso il passaparola. E, in tal caso – come emerge in particolare dalle intercettazioni – avrebbero richiesto dai 5 mila euro fino a 8 mila. Sono stati gli stessi clandestini giunti in Italia a bordo di furgoni, a fornire conferme su questo punto ai carabinieri. Un pakistano rintracciato a Opicina, per esempio, ha raccontato che suo padre aveva pagato 5.500 euro. Un altro migrante ha riferito che la sua famiglia aveva versato 3 mila euro all’inizio e altri 500 per il viaggio da Budapest all’Italia.

Il picciotto scafista tra: prostituzione, caporalato e spaccio.

Proprio in Italia sembra che le mafie stiano facendo affari assieme alle organizzazioni africane e balcaniche. Come spiega il blog Inside Crime sono almeno 5 i modi con cui la mafia fa affari nel campo dell’immigrazione: organizza il viaggio attraverso il Mediterraneo, intasca i fondi statali previsti per la loro accoglienza in Sicilia, Calabria o Puglia, organizza poi lo sfruttamento del lavoro nero nei campi e utilizzare i migranti come spacciatori o le donne come prostitute. I documenti della procura di Catania che stanno indagando su società controllate da mafiosi da parte di funzionari governativi corrotti, rivelano come “la mafia ha stretto legami con alcuni contrabbandieri del Nord Africa e organizzato la consegna di navi cariche di profughi dalle spiagge egiziane di Gammasse e Jamsa in Finlandia, offrendo riparo, cibo e trasporto verso l’Europa del nord in cambio di ingenti somme di denaro che i rifugiati pagano a contrabbandieri egiziani”. Per ritrovare i primi legami tra mafia e migranti bisogna andare nel marzo 2011, quando una grande barca da pesca egiziana, lunga 25 metri, era a largo della costa orientale della Sicilia. A bordo c’erano 190 migranti. Lì arrivò poi La “Felice”, una barca più piccola che aveva il compito di trasportare i migranti a terra. Era di proprietà della famiglia di Salvatore Greco, boss del clan Brunetto, affiliato alla famiglia Santapaola. Ma qualcosa andò storto perché arrivarono anche i poliziotti. Greco e il suo socio egiziano, Mohamed Badawi Hassan Arafa, riuscirono a fuggire su una delle due barche. Il boss siciliano e il figlio Massimo sono stati arrestati 3 giorni più tardi e poi condannati a 5 anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e associazione a delinquere. Salvatore Greco e Arafa Badawi facevano parte di un rete di contrabbando che organizzava i viaggi per portare i migranti al largo delle coste siciliane, dove poi venivano prelevati dalle barche per il trasferimento a terra dalla madre-nave. Una volta arrivati in Italia, i migranti venivano nascosti per poi essere trasportati verso il nord Europa. Un business equivalente a circa 800 mila euro a viaggio. Ma dopo il viaggio c’è per alcuni di loro anche lo sfruttamento: spaccio, prostituzione, e caporalato nei campi. Come hanno svelato le autorità italiane, a Palermo e in altre grandi città siciliane (ma non solo), la mafia sta usando i richiedenti asilo, per lo più africani, come spacciatori di droga che operano apertamente nel centro delle città. Come il nostro amico Willy. Per chi non cade nella rete dello spaccio c’è invece il lavoro nei campi, dove i migranti vengono sfruttati dalle dinamiche di caporalato a raccogliere frutta  e verdura a basso costo. Le donne africane vengono invece spinte a prostituirsi. Secondo la polizia, le giovani donne rifugiate pagano così il loro debito per il viaggio verso l’Europa. Secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim), queste donne nell’80 per cento dei casi giungono in Italia per essere destinate al mercato della prostituzione. L’operazione Caronte del 2011 portò a ventidue arresti e più di cinquanta persone denunciate dal Piemonte alla Calabria per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù. Dopo lo sbarco, le donne venivano trasferite nei Centri di accoglienza dai quali l’organizzazione criminale le faceva fuggire per poi affidarle alla rete degli sfruttatori. C’è anche lo sfruttamento dei fondi statali. Sempre la procura distrettuale antimafia di Catania ha aperto un’inchiesta sull’assegnazione dell’appalto del centro rifugiati Cara di Mineo alla cooperativa “Calatino Terre di Accoglienza”. Tra gli indagati c’è anche Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto a Roma nella giunta di Walter Veltroni e membro del Tavolo di coordinamento nazionale per l’accoglienza dei rifugiati. Odevaine, arrestato a dicembre 2014 nell’operazione Mafia Capitale, è accusato dai magistrati romani di aver manipolato flussi migratori e appalti in cambio di soldi e di aver condizionato la gestione della struttura di Mineo. Nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, il Tribunale del Riesame confermò poi la corruzione di Odevaine con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa guidata dal boss della malavita romana Massimo Carminati, ex membro della banda della Magliana. In maggio la difesa dell’uomo ha deciso di patteggiare la pena: due anni di reclusione e 250 mila euro di multa, evitando il processo.

I legami tra Mafia e ISIS

Il 5 agosto scorso è scattata l’operazione che ha portato all’arresto di otto cittadini stranieri, accusati di far parte di una banda di trafficanti che favoriva l’immigrazione clandestina a Caserta. Il loro presunto capo è Mohamed Kamel Eddine Khemiri, 41enne, nato a Tunisi, considerato un possibile jihadista: si era auto-radicalizzato sul web e inneggiava all’Isis sui social dove aveva festeggiato per gli ultimi attentati rivendicati dallo Stato islamico e dove si definiva “un isissiano”. Ora è indagato dalla Procura distrettuale antiterrorismo di Napoli per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Per gli inquirenti il tunisino, che viveva nell’appartamento sopra il luogo di culto islamico e che qualche conoscente e amico chiamava “Bin Laden”, oltre a fornire a stranieri permessi di soggiorno con documenti falsi, facendosi pagare 600 euro a pratica, Khemiri è accusato di essere il capo della banda di trafficanti di migranti: i carabinieri del Ros, coordinati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere, hanno arrestato gli otto stranieri con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla falsificazione di documenti. Khemiri è uno dei destinatari della misura cautelare. Quattro assieme a lui le persone finite in carcere: Badreddine Aifa, tunisino, 27 anni; Mohammed Charraki, marocchino di 51 anni; Kamrul Mohammed, 42 anni del Bangladesh; Alì Shek, 32 anni, anche lui originario del Bangladesh.

 

ansa - giuliana devivo - Illegal immigrants are seen in a detention center in Kyprinos, in the region of Evros, at the Greek-Turkish borders
EPA/NIKOS ARVANITIDIS

Un’altra operazione è andata in scena nel mese di agosto, sempre in Italia del Sud. In questo caso è stata sgominata una banda dedita al caporalato in Calabria. In tutto 49 persone sono finite nelle maglie della giustizia. Tra febbraio 2015 a maggio del 2016 le indagini hanno permesso di identificare un soggetto extracomunitario, di nazionalità pakistana, ritenuto un vero e proprio punto di riferimento nella piana di Sibari, nel Cosentino. Gli imprenditori agricoli che avevano bisogno di manodopera illegale ed a basso costo chiedevano a lui. E lui era in contatto con gli affiliati di una ‘ndrina locale che garantiva protezione. 19 immigrati irregolari dormivano in stalle e porcili degradati. Gli “operai” clandestini lavoravano in condizioni prive di sicurezza per 3 – 5 euro al giorno. L’esame delle transazioni finanziarie ha consentito di ricostruire i guadagni illeciti del “caporale”, ossia quasi 250.000 euro, incassati in poco più di un anno, in parte destinati anche alle cosiddette “bacinelle” delle organizzazioni criminali. La rimanente parte dei guadagni dell’attività di intermediazione veniva trasferita in Pakistan, paese di origine dell’uomo, attraverso servizi di money-transfer e post-pay. Secondo la procura questa nel mezzogiorno è una diffusa prassi illecita. I procuratori antimafia dicono che Cosa Nostra considera la crisi dei rifugiati nel Mediterraneo una manna dal cielo. “Dietro i contrabbandieri c’è un business multimiliardario e che, naturalmente, attira la mafia”, ha detto Maurizio Scalia, procuratore di Palermo, che indaga sulle reti di trafficanti. Lo sfruttamento dei migranti da parte della mafia sembra dunque destinato a crescere. L’aumento dei flussi migratori e la loro potenzialità di generare facili profitti è un business troppo grande per essere ignorato dalle famiglie criminali.

Sui legami tra Isis e mafie, proprio lo scorso 4 agosto il ministro della Giustizia Andrea Orlando al Comitato Schengen della Camera italiana ha detto che: “ci sono elementi che fanno ipotizzare un ruolo dell’Isis sulla gestione dei flussi di profughi verso l’Europa”. A svelare i nessi tra organizzazioni mafiose italiane e gruppi Jihadisti è stato anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “L’Isis spinge i terroristi in Italia”, ha scritto nel suo libro Il contrario della paura. Roberti spiega che le sinergie esistono soprattutto perché “i terroristi sono sì interessati a armi e strutture logistiche di cui la camorra dispone, ma la più forte necessità di allearsi è il controllo capillare di quel consenso sociale che la mafia dispone e indispensabile al successo dell’opera di proselitismo e di arruolamento di nuovi militanti”. Una relazione win-win visto che dall’altra parte il terrorismo distoglie attenzione investigativa allo Stato. Per questo conclude Roberti i terroristi (non solo jihadisti ma anche di matrice politica si pensi alle BR) “hanno sempre rappresentato una forza per la mafia”. Le tre mafie si rivelano dunque le più naturali interlocutrici sui migranti e non solo. Il fenomeno è rivelato anche dall’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne che lancia l’allarme: la crisi migratoria è sfruttata dai terroristi per entrare in Europa, conferma Frontex nella sua relazione. Ma questi però sono fenomeni marginali se confrontati alla vastità del fenomeno migrazione. “E’ una situazione allarmante perché questi trafficanti (di esseri umani) hanno come obiettivo talvolta quello di finanziare il terrorismo e talvolta far infiltrare (in Europa) membri di Isis tramite la migrazione”, ha detto il giudice belga Michele Coninsx, presidente di Eurojust, l’organizzazione Ue contro la criminalità.

 

migranti como
Migranti a Como, agosto 2016

 

Migrazione: 6 miliardi di business

I numeri sono da capogiro quando si tratta di quantificare la redditività dalla migrazione. In tutto le reti criminali che gestiscono il traffico di migranti hanno fatturato nel 2015 tra i 3 ed i 6 miliardi di euro: “si tratta del mercato criminale in più rapida ascesa in Europa”, ha detto il direttore di Europol, Rob Wainwright, al Comitato Schengen nei mesi scorsi. Secondo i dati del 2013 dell’osservatorio Demoskopika solo la ‘ndrangheta per prostituzione e immigrazione guadagnerebbe oltre mezzo miliardo circa di euro. Nel 2015, ha spiegato sempre Wainwright, “c’è stato un flusso senza precedenti di migranti ed il 90% ha usato servizi illegali che hanno facilitato il loro viaggio verso Europa. Ciò significa che l’attività criminale dei trafficanti è il cuore del problema e deve essere il cuore della nostra risposta”. In tutto sono stati identificati 40mila trafficanti di uomini: “si tratta di gruppi multinazionali, che provengono dai Paesi di provenienza dei migranti, come la Siria, di transito, come la Turchia, ma anche di molti Paesi europei”, ha aggiunto Wainwright. “La nostra risposta a questi gruppi è resa meno efficace per la mancanza di cooperazione dei Paesi di partenza dei migranti come la Siria”.  La lotta dunque a questo fenomeno è ancora agli albori. In conclusione mi viene in mente una frase che ho letto nel 2013: “Tu sai quanto ci guadagno sugli immigrati? C’hai idea? Il traffico di droga rende meno”. Questo quanto si legge delle carte delle intercettazioni nell’indagine su Mafia Capitale. E forse, se così andranno le cose, i rifugiati potrebbero essere il nuovo “oro” per la mafie.

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