Auguri “Vecchio”

“Rodolfo, toscano di origine, ma di quelli veri, ruvido come la carta vetrata quando doveva far valere le proprie ragioni. Ma con una ruvidezza che, come la carta vetrata, riusciva a lisciare tutto.”

“Pino, sardo d’origine, testardo e volitivo, come i muli del Gennargentu quando doveva far valere le proprie ragioni. Ma con una testardaggine che, come i muli del Gennargentu, riusciva ad affrontare qualunque salita.”
arg

Qualche tempo fa mi sono fortuitamente imbattuto in queste parole scritte sulla rivista del Nuovo Club Leone di biliardo. Iniziai a leggere il ricordo di questi amici di mio padre e pensai a chi mai avesse potuto scrivere un ricordo così nitido e semplice allo stesso tempo. Essenziale, che trasmetteva il senso delle cose in profondità, descrivendo il nesso imprescindibile, ma nascosto, che esiste tra uomo e biliardo. Una passione infinita. Sicuramente, era stata una persona che li aveva a cuore.

Alcuni giorni dopo venni a sapere che era proprio mio Papà ad aver scattato queste immagini dense di colori. Il fotografo che era in lui veniva sempre fuori.

Mio padre, Tony era così: italo-argentino di origine, riflessivo e coriaceo, come i ghiacci del Perito Moreno quando doveva far valere le proprie ragioni. Ma con una corazza che, come il ghiaccio del Perito Moreno, riusciva a scalfire le cose più solide.

Sempre attento all’essenza, anche se non lo dava a vedere. Era una bilancia: pesava tutto. Equilibrato ma contraddittorio al tempo stesso. Lui era genio e sregolatezza, con l’estro e la fantasia di Maradona. Come lui era capace di segnare di mano e poi dare lustro a tutto il suo talento con il gol più bello di sempre.

Anche Tony come Rodolfo e Pino era innamorato del biliardo.

Mi ricordo quando da piccolo mi portava al Carlino. A colpirmi furono quegli uomini silenti, raccolti attorno ai tavoli verdi illuminati da luci potenti, dove tutt’intorno regnava il buio. Sento ancora l’odore di fumo e riconosco quelle teste chine intente a inventare traiettorie precise. Un impegno mentale ancor prima che fisico. Ero affascinato dalla concentrazione necessaria per creare quelle geometrie impossibili. Al limite del metafisico, per un piccolo bimbo quale ero. La chimica che si sprigionava in quei luoghi non era altro, però, che matematica. Matematica del pensiero, che con piglio quasi visionario, era tesa a un unico obiettivo: colpire quel minuscolo birillo rosso nel mezzo del tavolo.

Tenace, sognatore e analitico, il mio papà, Tony. Mai banale. Con alacre metodologia riusciva – a modo suo – a fare sempre centro. Quando aveva voglia, ed era concentrato, era veramente un “gran bel giocatore”, dicono alcuni suoi amici. Il suo “mito” era l’argentino Nestor Gomez, detto Nenè. Giocatore di biliardo che come lui era originario di una terra lontana, “ai confini del Mondo” per citare Papa Francesco. Una terra di emigranti, soprattutto italiani. Papà era nato in un sobborgo di Buenos Aires, e poi da adolescente era sbarcato a Napoli, terra natia dei miei nonni. Forse anche per quello era tanto attaccato a Marardona, a tal punto che mi desse come secondo nome, proprio quello di “Diego”. Il Ticino era la sua patria adottiva. Oramai la “nostra” prima terra, ma i retaggi di una vita passata tra mille vicissitudini e tra ricordi del passato erano ben radicati nel suo spirito.

Come gli argentini, era uno de coccio e combattivo. Al contempo era capace con la forza della creatività ad andare oltre. Un paese contraddittorio, l’Argentina, che parte dalle steppe della Pampa e si inerpica sulle catene montuose delle Ande. 3’700 chilometri che vanno dalla fredda Terra del Fuoco al clima tropicale delle Cascate di Iguazú. Una terra dalle mille anime, un crogiolo di culture. Come il mio Papà. Deciso ma ponderato. Idealista ma pragmatico. Generoso ma introspettivo.

Sono passati pochi mesi da quando ho letto il ricordo dei tuoi cari amici. Ora sono qui io a scrivere di te, Papà. Inutile dire quanto mi manchi. Magari aveva ragione Borges quando dice che “da tempo non c’è cosa al mondo che non sia germe di un Inferno possibile; un volto, una parola, una pubblicità di sigarette potrebbero render pazza un persona, se questa non riuscisse a dimenticarli”. Di sicuro – diventassi pazzo – io non ti dimentico. Noi non ti dimentichiamo.

Per citare un attore a te caro, che come te veniva dal profondo sud, Massimo Troisi:

Tre cose me so’ riuscite ind’a vit, pecchè aggià perdere pure cheste?! Aggià ricominciare da zero?! Da tre!… Ricomincio da tre.Tre cose me so’ riuscite ind’a vita

Adesso ti immagino, con i tuoi compagni di sempre, assieme al Rodolfo e al Pino mentre giocate con le vostre stecche di altri tempi. Sporchi di gesso che – tra una sigaretta e l’altra – discutete tutti e tre di politica e calcio.

Ciao Papà. Prima di lasciarci mi dissi: “misura parole e giudizi”. Spero di aver preso il tuo consiglio alla lettera.

Ti voglio bene! E auguri per i tuoi 57 anni.

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